3 Febbraio 2013

Le nebbie di Vraibourg di Veronica Elisa Conti

Pubblicato in WOR(L)DS LIBRI

Le nebbie di Vraibourg di Veronica Elisa Conti

 

Dopo essere cresciuto in collegio, il diciottenne Etienne Dorin viene convocato dal nobile Tancrède des Essarts per istruire il figlio. Arrivato al castello della Guyenne, il giovane viene presto invischiato nelle nebbie del mistero che avvolgono il piccolo paese normanno di Vraibourg. A rendere più insidiosa la ricerca della verità è Dorian, il figlio di monsieur Des Essarts, che fugge via da ogni lezione per nascondersi, “animale immemore”, tra le ombre del bosco che circonda il castello, in un buio che protegge e consola dalla consapevolezza di essere un ragazzo, dicono in paese, toccato da Dio. In un inquietante scenario intessuto di falsità e inganni, si muovono i personaggi delle nebbie di Vraibourg, avvinti da una caleidoscopica catena di eventi e intrecci imprevedibili. Un romanzo sull’ambiguità che si macchia del sangue della vendetta; una celebrazione gotica del rancore quando si arma di fine e diabolica astuzia.

La mia recensione - L'angolino di Ale (copyright)

Sin dalle prime pagine si respira il clima gelido e misterioso del Nord.  In questo romanzo, un po’ barocco, è facile perdersi nella fitta “nebbia” creata sapientemente dalla scrittrice.

Ci troviamo in Francia, più precisamente in Normandia ai primi del ‘900.  Protagonista dell’avvincente trama di questo romanzo è un giovane istitutore, Etienne Dorin,  orfano e cresciuto in collegio dai frati. Etienne giunge in un piccolo paese normanno e viene assunto dal nobile Tancrède Des Essarts, signore di Vraibourg, quale istitutore del suo unico ed enigmatico erede, Dorian. Etienne dovrà fare i conti con i lunghi silenzi di Dorian, ragazzo di 24 anni viziato e ignorante. Il suo intento è quello di impartire delle lezioni di botanica e scienze al ragazzo. Ben presto però si renderà conto che Dorian è racchiuso in una sorta di “mutismo”. E’ poco curioso, apatico e quasi estraneo a tutto ciò che lo circonda. È assente, ed il suo sguardo si immerge solo nel fitto bosco che circonda la grande dimora nella quale vive. Etienne decide quindi di provare a “risvegliarlo” attraverso la musica, con la speranza che questa possa essere la chiave di lettura per uscire dai contorti corridoi della sua mente ingarbugliata.

Etienne desidera però vederci chiaro e scendendo in paese cerca di cogliere qualche informazione utile per chiarire questa situazione sempre più inquietante. Entra quindi subito in contatto la gente del paese e si rende subito conto delle limitate dimensioni della piccola cittadina e delle poche prospettive di vita che essa offre.  Subito si rende conto che il clima è gelido, in tutti i sensi. Tutti, a Vraibourg, sembrano nascondere qualcosa. Etienne è incuriosito e fa la conoscenza di varie persone; ben presto si renderà conto che nascondono una realtà fatta di menzogne e rancore.

La scrittrice è stata molto brava a ricreare un’ambientazione così reale e gotica. La bellissima proprietà de La Guyenne, dimora del signor Des Essarts, è la rappresentazione perfetta del clima del paese. È un castello gelido, il più freddo della Normandia. Sia per la mancanza di camini accesi (dettaglio che certamente non sfugge ai pettegoli abitanti di Vraibourg) ma anche e soprattutto per il clima che vi si respira all’interno. Per tutta la durata del racconto giochi di luci e ombre si susseguono nella descrizione. Le luci, poche e soffuse, donate soltanto dai pochi momenti in cui Etienne riesce ad uscire dal castello e riesce a chiacchierare con le sue nuove conoscenze: Ophelie e Madeleine Muset. La prima è una giovane che ama ascoltare e ripetere le chiacchiere di paese, ma è fondamentalmente sprovvista di una propria capacità di interpretazione dei fatti.  Soffre di solitudine, causata sostanzialmente dal varco creatosi intono a lei a causa della distanza della gente del paese, che le parla alle spalle. La signorina Madeleine invece è una giovane assistente di un’anziana del paese. È una ragazza dolce ed elegante proveniente da Parigi. È quindi considerata la “bella straniera” e per questo è temuta dalle donne di Vraibourg.

All’apparenza nel paese tutto fa pensare a un luogo discretamente accogliente, dove tutti si rendono cortesi e servizievoli. In realtà, e qui abbiamo il primo contrasto della trama, gli abitanti del paese hanno le lingue “taglienti” come degli affilatissimi coltelli, taglienti come il vento gelido che soffia su Vraibourg.
Anche nel nome della città la scrittrice ha voluto sottolineare l’ambiguità: “Vrai” in francese significa “vero” ma è subito chiaro che di vero qui c’è ben poco. Piuttosto si respira un’aria densa di sete di vendetta. La ricerca della verità è il “fil rouge” di tutto il romanzo. Etienne comprende che c’è qualcosa di nascosto, di poco chiaro e desidera ardentemente trovare delle spiegazioni ai comportamenti del suo allievo. Ma il groviglio di vicoli oscuri, quasi claustrofobici, della città nasconde molteplici verità, alcune delle quali sconvolgeranno il futuro del giovane Etienne.

I personaggi sono tutti ben costruiti, a partire da Dorian il quale non fa altro che fissare il vuoto e regalare sorrisini maliziosi. Tancrède Des Essarts: il vecchio padre rimasto solo con un figlio difficile e i suoi ricchi possedimenti da amministrare. Deluso, senza speranze. Stanco ed affranto dal peso di questo figlio difficile, trova in Etienne un punto saldo al quale appoggiarsi. E infine la vecchia donnina (Irène Raquin): una “cenciosa sconosciuta” che vive in strada chiedendo l’elemosina, nascosta nella semioscurità delle stradine umide di Vraibourg. Segue di nascosto Etienne. Sarà lei la chiave di volta del racconto?

Nel complesso si può dire che Le nebbie di Vraibourg di Veronica Elisa Conti sia molto ben costruito; il tessuto narrativo è semplice, le descrizioni non si dilungano più di tanto e questo può essere a mio avviso l’unico elemento, se così si può dire, “negativo” (anche se negativo in realtà non è) ma chiaramente questo è un giudizio strettamente personale. Avrei preferito una maggior descrizione degli ambienti e dei personaggi, ma probabilmente la scrittrice ha voluto raccontare l’essenziale, rimanendo su uno stile sobrio, per non distogliere l’attenzione dalla trama del libro.
In questo modo sicuramente il testo ne ha tratto giovamento, dando più importanza alla ricercatezza degli  elementi presenti. Siamo in presenza infatti di uno stile composto e raffinato, caratterizzato da un utilizzo di vocaboli ricercati. Il romanzo risulta coinvolgente e avvincente.

Ho trovato molto originale il titolo “Le nebbie di Vraibourg” che sottolinea ancora una volta il contrasto tra la “città della Verità” e la nebbia che avvolge tutti in una grande e colossale menzogna. Il gioco di luci ed ombre lo ritroviamo anche nella contrapposizione tra il bianco volto del giovane  e distaccato rampollo Dorian ed il nero del fitto bosco intorno al castello. Anche il compleanno di Dorian cade proprio il 2 novembre, ovvero il giorno della commemorazione dei defunti. Durante questa festa arrivano le giovani figlie dei ricchi del paese (molto bella in questo caso la descrizione del Symposium, l’adunata delle streghe che durante la festa danzano come “scimmie ammaestrate” creando un vero e proprio “siparietto penoso”, come viene definito da Etienne).

In questo “girone di bugiardi” si alternano: verità e menzogne, vita e morte, bianco e nero, vecchi rancori e nuove ferite. Il tutto condito da maldicenze, invidie e chiacchiere di paese. A Vraibourg i sorrisi falsi e maligni si sprecano, così come i pettegolezzi e l’ipocrisia.

In un mondo in cui le uniche cose importanti sono la posizione sociale e il denaro, questo libro è più che mai attuale: la descrizione dell’indifferenza della gente del paese e i sotterfugi di persone apparentemente per bene. Un paese nel quale l’unico scopo è mantenere salde le apparenze e le proprie reputazioni, umiliando se è possibile il vicino della porta accanto per i suoi segreti e la sua povertà. Non a caso nel libro i concittadini vengono definiti “un’orda di avvoltoi famelici”. L’ostentazione della ricchezza si contrappone ancora una volta alla “pochezza” interiore, al vuoto dell’animo, che la scrittrice con ironia tagliente, ha saputo perfettamente descrivere nel libro. La storia è ricca di colpi di scena e di intrecci elaborati che tengono vivo l’interesse del lettore per tutta la durata del racconto.

→ Questa mia recensione è stata pubblicata su Pensieri d’inchiostro

Alessandra Voto

© L’angolino di Ale – Riproduzione riservata 

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