25 Aprile 2016

Benzine di Gino Pitaro

Pubblicato in WOR(L)DS LIBRI

Titolo anonimo, copertina poco attraente, poche garanzie come prima impressione ma è sufficiente leggere pochissime righe di Benzine di Gino Pitaro (Ensemble Edizioni) per scoprire, invece, un romanzo di quelli che non ti aspetti. Semplice, attuale, dall’estrema contemporaneità. La cartolina di questi nefasti anni di crisi economica.

Benzine di Gino PitaroLa storia è quella di Luigi, uno studente-dottorando-lavoratore, un precario nell’oceano dei precari. Un ragazzo impegnato, sia sul fronte lavorativo che in ambito sociale. Tutti i giorni macina chilometri da una parte all’altra di Roma, raccogliendo per strada i cocci di una città non sempre perfetta, soprattutto nelle periferie.

Anche questa è Roma e io la amo. E amo il mio quotidiano western tiburtino

➙ Talvolta Luigi non riesce ad esprimere la sua rabbia nei confronti di una società che cerca di schiacciarlo in quel vortice di inadeguatezza che avvolge chi, come lui, annaspa per arrivare a fine mese. Luigi è uno che cerca la tranquillità: vuole contribuire alla protesta ma senza mettersi in prima linea. Vuole essere leader solo di se stesso, dato che tutti i giorni è già costretto a combattere contro i team leader del (maledetto) call-center nel quale lavora.

Siamo o saremo sempre più ombre che corrono dietro alla loro vita?

La sua giornata è scandita da cuffiette e microfono, chiamate ed “over” (ovvero le chiamate in eccedenza di clienti che sono costretti ad attendere il loro turno). Spesso è costretto addirittura a sdoppiarsi, rispondendo per più aziende contemporaneamente, per gestire più chiamate possibili e recuperare qualche spicciolo di incentivo in più a fine mese.

E tu pensi che le cose possano cambiare se non evolve la società? Non credo agli uomini della provvidenza e nemmeno ai movimenti del grande cambiamento. È una delle ragioni per cui penso sia più importante scrivere e fare informazione.

Benzine di Gino Pitaro è davvero una bella scoperta, non solo per le tematiche attuali ma anche per quel modo semplice di raccontare. Tra le righe si percepiscono chiaramente i sentimenti di Luigi e dei suoi amici e colleghi. Combattono una “guerra tra poveri”, nell’arduo tentativo di affermazione di se stessi. 

È una sfida giornaliera, una lotta continua di sfruttamento selvaggio e silenzioso in netto contrasto con il rumoroso vociare dei frustrati operatori del call center.

Persone che hanno studiato, che hanno letto di filosofi greci e romani, scoprono la competizione o l’invidia di una vendita in più o in meno, in nome di un buono benzina, di un buono pasto, di un nulla. Perché sul nulla è costruito questo. Eppure ti prendi occhiatacce, antipatie, rivalse.

 Quella stanchezza della sera, al rientro a casa dal lavoro, scandisce il login e logout di un’intera giornata di sacrifici, trascorsa a ripetere frasi standard a clienti imbizzarriti e a trovare rifugio in un desktop da sogno, per tentare di evadere (anche solo per un attimo) da quella gabbia di matti. Proprio lì dove si predica la qualità e la “customer satisfaction” ma ci si orienta inevitabilmente alla quantità (di chiamate gestite), come se l’unico obiettivo fosse quello di correre verso una meta assurda. Proprio lì dove i dirigenti ricoprono quel ruolo non per merito ma per “botta di culo” (perdonatemi la terminologia da galateo) e si pavoneggiano nella loro mediocrità.

La mia occupazione è una palese dimostrazione del conflitto fra società reale e quella ideale

L’arte di arrangiarsi è l’unica strada per un lavoratore sottopagato, alle prese con sciopero dei mezzi e tromboflebiti, in quanto costretto a stare seduto su sedie indecenti che di ergonomico hanno solo l’etichetta. 

Quando poi, finalmente, giunge l’ora di regolare i conti con se stesso, di darsi da fare per iniziare a far volare alto il suo aquilone, smettendo di lasciarsi trasportare dal vento. In direzione di quegli orizzonti di gloria che sembrano un miraggio, sprigionando quei sentimenti troppo a lungo lasciati sottochiave.

Io penso che l’aquilone vorrebbe tagliare il filo e volare da solo

➙ Attraverso un linguaggio schietto ed attento, Gino Pitaro, con il suo romanzo dal finale a sorpresa, ci pone dinanzi alla domanda sovrana. La Domanda delle domande, quella che toglie il sonno a milioni di precari nel nostro Paese, ovvero «Che ne sarà del mio futuro?». 

Alessandra Voto

© L’angolino di Ale – Riproduzione riservata 

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