Oggi come oggi è molto semplice pubblicare un libro. O almeno, così sembrerebbe. Senza dover attendere i lunghi tempi delle case editrici, spesso molti autori decidono di auto-pubblicarsi. La domanda nasce spontanea: “È giusto saltare l’iter classico di pubblicazione per vedere il proprio libro tra la mani dei lettori? Oppure questa tipologia di libri sono destinati a tutti e a nessuno?“Da quando ho aperto questo blog ho avuto l’occasione di conoscere molti autori, alcuni pubblicati da case editrici classiche ed altri che hanno invece intrapreso il percorso dell’auto pubblicazione. Per il momento la maggior parte dei libri autopubblicati che ho avuto modo di leggere erano tutti interessanti, meritevoli e tutto sommato ben scritti. Altri invece (per fortuna pochi!) erano ricchi di refusi, con trame ed argomenti sconnessi e mal assortiti; sintomo di una mancanza della mano di un editor, un professionista in grado di “aggiustare” il testo in modo che risulti leggibile, scorrevole, in una parola “commerciabile”.
Oggi vorrei parlare con voi di questo argomento: il “self-publishing“. Poco tempo fa ne ha parlato anche “La lettrice segreta” qui sul suo blog. Vorrei cercare di comprendere meglio quali sono le dinamiche di questo fenomeno che negli ultimi anni sta davvero prendendo piede.
Per non parlare poi delle case editrici a pagamento : il cosiddetto EAP (Editoria a pagamento) ovvero quando un autore decide di pagare una casa editrice per vedere pubblicato il proprio libro. Voi sareste disposti a pagare pur di realizzare il vostro sogno editoriale? Io credo proprio di no. Al di là del fatto che ritengo la scrittura un sacrosanto diritto di ciascun individuo (e che in quanto tale debba essere “libero”) credo che si debba dare merito a tutte le case editrici serie (non a pagamento) che possono aiutare l’aspirante scrittore a coronare il sogno della pubblicazione del proprio scritto. Se un manoscritto vale, l’editore ha tutto l’interesse a pubblicarlo (senza spese per l’autore) e a venderlo attraverso la propria rete di diffusione.
Il self-publishing però è questione diversa rispetto all’EAP e, per chiarirmi le idee, ho voluto fare qualche domanda ad un’autrice già nota agli amici del mio angolino, Chiara Cilli. Chiara è una scrittrice self-published di fantasy (e non solo) autrice della saga “La Regina degli Inferi” (da pochissimo è uscito il terzo libro della serie, intitolato “L’ultimo respiro“). Chiara ha scritto anche un racconto erotico “Assaporare il Fuoco” ed il romanzo urban fantasy “La Promessa del Leone” (di quest’ultimo ricorderete la mia recensione che potete andare a rileggere qui).
Ecco qui la mia breve intervista a Chiara Cilli :
⇒ Ciao Chiara e bentornata nel mio angolino! Oggi vorrei scambiare con te quattro chiacchiere sul self-publishing e ti ringrazio per la tua disponibilità.
Ciao Ale, grazie a te per avermi invitata. Un saluto anche a tutti i lettori del tuo splendido blog!
⇒ Secondo la tua esperienza, oggi le case editrici in che modo selezionano le opere da pubblicare ? Quali sono le maggiori difficoltà che uno scrittore si trova a dover affrontare per vedere il proprio libro pubblicato con le grandi C.E.?
Non sono molto ferrata in materia, ma penso che dipenda da molti fattori. Oggigiorno è molto probabile che un romanzo autopubblicato che ha ricevuto tantissime recensioni positive attiri l’attenzione delle grandi CE, e così vediamo il sogno di molti scrittori diventare realtà. Ci sono anche numerosi casi in cui uno scrittore invia il proprio manoscritto direttamente a una grande CE e di lì a pochi mesi il suo libro appaia sugli scaffali delle librerie, perché l’editore ha visto del potenziale e ha deciso di puntare su di lui. Io non credo ci siano difficoltà, se si vuole pubblicare con una grande CE: se un’opera è di valore, sicuramente arriverà il giorno in cui sfonderà. Bisogna solo impegnarsi e non smettere mai di credere in se stessi e ciò che si è.
⇒ Inizialmente hai inviato i tuoi manoscritti alle “classiche” case editrici? Dopo quanto tempo hai deciso di auto-pubblicarti?
No, io non l’ho fatto. Sono partita subito con una piccola casa editrice con cui poi ho deciso di non pubblicare più, perché il contenuto e il target dei miei romanzi non aggradavano le preferenze dell’editore. Così ho provato a vedere come me la cavavo da sola, e dopo la mia prima pubblicazione con il selfpublishing, avvenuta a marzo 2013, ho deciso che avrei continuato per questa strada finché non fosse arrivata l’opportunità che aspettavo. Opportunità che non si è ancora fatta vedere… ma non c’è nessunissima fretta! Piano piano succede tutto. Ora che ci penso, ho provato a inviare il mio primo romanzo autopubblicato (quello che hai letto anche tu, La Promessa del Leone) e un altro urban fantasy a due CE famose – Giunti e Leggereditore – ma non mi hanno mai dato risposta. Quindi sono andata avanti, senza scoraggiarmi.
⇒ Quali sono secondo te le principali differenze tra self-publishing e pubblicazione “tradizionale”?
Direi che la principale è la pirateria. Pubblicando un eBook in selfpublishing, non passa neanche un’ora, che già lo vedi nei migliori siti di download, nei gruppi su Facebook o aNobii. La seconda è che con l’autopubblicazione non si prova l’incredibile emozione di vedere il proprio libro sugli scaffali delle librerie – credo sia il sogno di ogni scrittore del mondo! La terza è che con il selfpublishing non hai un team di persone qualificate, di professionisti, che ti seguono passo passo nella pubblicazione. In America, ad esempio, c’è la Black Firefly, un’agenzia che accompagna gli autori indipende nti durante la pubblicazione delle loro opere, mettendo a loro disposizione un super team di pubblicitari, editor e cover-artist, cosicché l’autore non debba preoccuparsi del marketing, ma solo della scrittura. Certo, è a pagamento, ma il risultato è sensazionale!
⇒ Alcuni pensano che il self publishing si basi sulla vanità dell’autore anziché sulla semplice voglia di condivisione delle proprie opere. Cosa ne pensi?
Penso che ogni autore ha una motivazione diversa che lo spinge verso il selfpublishing. C’è chi lo fa perché non ha fiducia nella sua opera e quindi non la ritiene meritevole da sottoporre all’esame di una CE. C’è chi ha avuto una brutta esperienza con un editore e non vuole mai più vedere il suo scritto ridotto in cenere da un editor che gliel’ha stravolto. C’è chi scrive per diletto e vuole semplicemente condividere i pensieri con altri lettori e non teme il confronto. C’è che pensa che così facendo si arricchirà. E ci sono gli intrepidi che vogliono farsi conoscere da tutto il mondo e conquistarlo con le unghie e con i denti. Onestamente, non importa il motivo che vi spinge ad autopubblicarvi: l’importante è continuare a scrivere e che scriviate per voi stessi, per stare bene, per essere felici, per sentirvi completi.
⇒ Diventare imprenditori di sé stessi non è per nulla semplice. Sei soddisfatta della tua scelta? La rifaresti?
Sono molto soddisfatta. E’ difficilissimo tenere il passo tra blog tour, giveaway, fanclub, pagine Facebook, profili Twitter, gestione dei siti e quant’altro, ma basta organizzarsi bene – e lasciarsi il tempo libero per scrivere, ovvio! Penso che la scoperta del selfpublishing sia stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, e la rifarei all’infinito.
⇒ Sono molti i casi di autori “fai da te” che dopo aver riscosso successo tra i lettori sono stati ingaggiati da grandi C.E. per una pubblicazione vera e propria. Questo significa che il self-publishing è una vetrina sul mondo dell’editoria contemporanea?
Assolutamente sì, e beati gli autori il cui sogno diventa realtà! Come ho detto prima, se il materiale è buono, non c’è niente che impedisca a una grande CE di farne un successo.
Devo davvero ringraziare Chiara per la sua disponibilità (ricordo a tutti voi i suoi contatti : il suo Blog ufficiale , la sua pagina Facebook ed il suo contatto Twitter).
Credo proprio che le parole di Chiara siano importanti per chiarire maggiormente i miei/nostri dubbi su questo “oscuro” mondo del self-publishing.
La porta del mio angolino rimane aperta per tutti coloro (autori autopubblicati e non, case editrici, ecc.) che volessero esprimere il proprio punto di vista o condividere la propria esperienza su questa tematica.
E voi lettori, cosa ne pensate? Leggete o avete mai letto autori autopubblicati?
Aspetto di conoscere il vostro punto di vista e vi lascio con il booktrailer dell’ultimo romanzo di Chiara Cilli : “L’Ultimo Respiro – La regina degli Inferi 3″
toc toc … buona sera, Sono venuta nel tuo universo per consegnarti il premio “Lovely Blog” Award ♡ Award 2014 – “La rosa della Amicizia” http://poesilandia.wordpress.com/award-2014/
notte serena con sorriso, Lisa
Grazie a te Lisa (la tua tana è davvero accogliente e ci passerò spesso!). Sono contenta che l’argomento ti abbia incuriosita. Credo che discutere insieme sia il modo migliore per farsi un’idea chiara delle cose. Buona domenica anche a te, a presto!
Concordo con te: io personalmente, ad esempio, se dovessi pubblicare qualcosa lo invierei alle varie case editrici “classiche” per avere un feedback di qualcuno che conosca approfonditamente la materia e possa, magari, fornirmi qualche suggerimento. Attraverso questa mia indagine, però, ho scoperto che anche attraverso l’autopubblicazione è possibile farsi “assistere” da esperti del settore e da editor competenti che possano “limare” e correggere laddove ce ne fosse bisogno. Il problema, purtroppo, è che non tutti gli “auto-pubblicati” lo fanno. Molti scrivono e “lanciano” il tutto in rete. A questo punto sta a noi lettori affinare l’intuito ed “acchiappare” solo ciò che davvero merita di essere letto. Grazie mille Filippo per il tuo commento, sei il benvenuto qui nel mio angolino! ;-)
Esattamente! Il selfpublishing è un buon compromesso, a patto che lo si utilizzi quando davvero il proprio lavoro merita di essere letto da un pubblico ampio e consapevole. Prima di auto-pubblicarsi bisognerebbe davvero fare un esame di coscienza e capire se lo si fa per superbia o se lo si fa perché dietro c’è un effettivo lavoro di scrittura, correzione, ecc. Ciao Jerry, un bacio!
Concordo assolutamente con te Chiara, su tutti i punti! Anch’io dico sì al selfpublishing solo quando è ben fatto. Dico no a tutti coloro che tirano fuori dal cassetto i loro temi delle scuole medie, li pubblicano (senza correggerli) e pretendono di venderli a chissà quanti utenti. Il lettore oggi è abbastanza “esperto”, si informa ed ha una propria “coscienza letteraria” che difficilmente si piega ad un romanzo buttato lì “giusto per”. La qualità di ciò che si legge è importante (dato che i libri sono così tanti!) ed anche io, piano piano, sto acquisendo maggiore confidenza su ciò che merita davvero di essere letto e quello che, ahimè, può finire nel trita carta senza alcun timore.
Ciao Miriam, grazie mille per il tuo commento e per essere intervenuta sull’argomento. Desideravo proprio avere il parere di chi, come te, ha “toccato con mano” questo tema. Condivido con te: dietro l’autopubblicazione deve esserci un serio lavoro per curare ogni singolo dettaglio del libro. Nulla deve essere lasciato al caso. Mi fa molto piacere che tu abbia voluto condividere con noi la tua esperienza, credo sia davvero importantissimo (anche per noi lettori) cercare di capire che tipo di meccanismi si celino dietro ad una (piccola o grande) casa editrice. Non tutti gli editori hanno le stesse possibilità e la stessa professionalità per gestire la pubblicazione di un libro e tutto il lavoro che ne consegue. Grazie davvero per il tuo intervento, a presto!
Purtroppo è vero Vale, non tutti gli autori autopubblicati meritano di avere dei lettori. Molti lo fanno solo per presunzione (credendosi i nuovi Wilbur Smith dell’anno e pensando di fare chissà quale carriera), è anche vero che ce ne sono altri che meritano invece maggiore attenzione (perché hanno curato il proprio lavoro nei minimi particolari) e sono questi quelli che effettivamente meritano di essere poi pubblicati da una “vera” C.E.
Credo che il fenomeno del self-pubishing sia dovuto proprio a questo: al fatto che pubblicare con dei veri e propri editori sia diventato davvero difficile (anche le grandi case editrici risentono della crisi). Il self-publishing va bene quando è fatto con coscienza e con professionalità (e non per il puro piacere di vedere pubblicato il proprio nome su una copertina).
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notte serena con sorriso, Lisa
Grazie a te Lisa (la tua tana è davvero accogliente e ci passerò spesso!). Sono contenta che l’argomento ti abbia incuriosita. Credo che discutere insieme sia il modo migliore per farsi un’idea chiara delle cose. Buona domenica anche a te, a presto!
Brava amica, sei stata fortunata allora! Baci e buone letture!
Concordo con te: io personalmente, ad esempio, se dovessi pubblicare qualcosa lo invierei alle varie case editrici “classiche” per avere un feedback di qualcuno che conosca approfonditamente la materia e possa, magari, fornirmi qualche suggerimento. Attraverso questa mia indagine, però, ho scoperto che anche attraverso l’autopubblicazione è possibile farsi “assistere” da esperti del settore e da editor competenti che possano “limare” e correggere laddove ce ne fosse bisogno. Il problema, purtroppo, è che non tutti gli “auto-pubblicati” lo fanno. Molti scrivono e “lanciano” il tutto in rete. A questo punto sta a noi lettori affinare l’intuito ed “acchiappare” solo ciò che davvero merita di essere letto. Grazie mille Filippo per il tuo commento, sei il benvenuto qui nel mio angolino! ;-)
Esattamente! Il selfpublishing è un buon compromesso, a patto che lo si utilizzi quando davvero il proprio lavoro merita di essere letto da un pubblico ampio e consapevole. Prima di auto-pubblicarsi bisognerebbe davvero fare un esame di coscienza e capire se lo si fa per superbia o se lo si fa perché dietro c’è un effettivo lavoro di scrittura, correzione, ecc. Ciao Jerry, un bacio!
Concordo assolutamente con te Chiara, su tutti i punti! Anch’io dico sì al selfpublishing solo quando è ben fatto. Dico no a tutti coloro che tirano fuori dal cassetto i loro temi delle scuole medie, li pubblicano (senza correggerli) e pretendono di venderli a chissà quanti utenti. Il lettore oggi è abbastanza “esperto”, si informa ed ha una propria “coscienza letteraria” che difficilmente si piega ad un romanzo buttato lì “giusto per”. La qualità di ciò che si legge è importante (dato che i libri sono così tanti!) ed anche io, piano piano, sto acquisendo maggiore confidenza su ciò che merita davvero di essere letto e quello che, ahimè, può finire nel trita carta senza alcun timore.
Ciao Miriam, grazie mille per il tuo commento e per essere intervenuta sull’argomento. Desideravo proprio avere il parere di chi, come te, ha “toccato con mano” questo tema. Condivido con te: dietro l’autopubblicazione deve esserci un serio lavoro per curare ogni singolo dettaglio del libro. Nulla deve essere lasciato al caso. Mi fa molto piacere che tu abbia voluto condividere con noi la tua esperienza, credo sia davvero importantissimo (anche per noi lettori) cercare di capire che tipo di meccanismi si celino dietro ad una (piccola o grande) casa editrice. Non tutti gli editori hanno le stesse possibilità e la stessa professionalità per gestire la pubblicazione di un libro e tutto il lavoro che ne consegue. Grazie davvero per il tuo intervento, a presto!
Purtroppo è vero Vale, non tutti gli autori autopubblicati meritano di avere dei lettori. Molti lo fanno solo per presunzione (credendosi i nuovi Wilbur Smith dell’anno e pensando di fare chissà quale carriera), è anche vero che ce ne sono altri che meritano invece maggiore attenzione (perché hanno curato il proprio lavoro nei minimi particolari) e sono questi quelli che effettivamente meritano di essere poi pubblicati da una “vera” C.E.
condivido a pieno!
Credo che il fenomeno del self-pubishing sia dovuto proprio a questo: al fatto che pubblicare con dei veri e propri editori sia diventato davvero difficile (anche le grandi case editrici risentono della crisi). Il self-publishing va bene quando è fatto con coscienza e con professionalità (e non per il puro piacere di vedere pubblicato il proprio nome su una copertina).