La domenica lasciami sola di Simonetta Sciandivasci
Pubblicato in WOR(L)DS LIBRI
Il settimo giorno Dio si riposò e Satana ne approfittò per creare il calcio. Lo diede in dono ai maschi e ordinò loro di santificarlo tutte le domeniche. Poi arrivò Rita Pavone, chiese al suo uomo di portarla a vedere la partita e quello rispose che non era roba per signorine. Voleva mantenere il possesso della palla. Così, il calcio divenne il più temibile rivale d’amore di tutte le signorine made in Italy. Da allora, sono trascorsi lunghi decenni di angustie e guerre fredde e calde. Diverse signorine hanno imparato a giocare a calcio, hanno capito il fuorigioco e sono entrate negli stadi. Molte altre, invece, sono rimaste fuori, perpetrando il match donne vs partita di pallone. La protagonista di questo romanzo, invece, rifiutando di abbonarsi in curva, subire i supplementari e indossare bandiere, butterà via il rancore per le domeniche perdute e ripartirà dagli archetipi: per lei il matrimonio di Grace Kelly, per lui la partita di pallone.
A volte la piacevolezza di un libro ti cattura sin dalle prime pagine. La trama, gli argomenti, i personaggi, un mix di elementi conditi con la giusta ironia fanno sì che La domenica lasciami sola, primo romanzo di Simonetta Sciandivasci, rappresenti una lettura davvero divertente sul sul rapporto donne-calcio. La protagonista di questa dichiarazione di resa è, come la gran parte delle donne che subiscono il confronto con il calcio, inizialmente inferocita contro tutto ciò che riguarda quella sfera rotolante detta pallone.
“Oh, Reverenda Luce, questo guarda davvero solo partite: inferi, accoglietemi adesso. […] Cos’è Arsenal? Un detersivo?“
Quando il “noi” passa dall’essere un pronome personale utilizzato per indicare un unione tra due o più individui, all’indicare una partecipazione attiva alla sacra squadra di calcio (es. “Noi della Roma”) allora la disfatta è ufficialmente compiuta. Stufa di essere trascurata per colpa di moviole interminabili e repliche di partite del 1986, la nostra eroina inizia un intimo percorso psicologico nella strampalata (ma necessaria) missione di comprendere ciò che vi è dietro a tutto questo. Prova addirittura a partecipare attivamente nei commenti come il miglior telecronista di sempre, nel vano tentativo di richiamare l’attenzione del suo Homo Sapiens dalla TV e dai calci di rigore.
“Sto accettando tutto questo, amore mio, nella speranza che prima o poi arrivi il momento in cui ti accorgerai che non sono il tuo migliore amico, né una birra, ma la donna della tua vita, quella che nella gioia e nel dolore, durante il campionato e durante i saldi, promette di esserti fedele.”
Questa ricerca spasmodica di attenzioni porta solo ad una progressiva sensazione di svalutazione di sé stesse: non c’è biancheria sexy che tenga davanti ad un comodo divano e alla Champions League.
Mettersi in competizione con un pallone?
Mille domande, mille dubbi e manie di persecuzione solo per arrivare a comprendere che non ha senso mettersi in competizione con un pallone di cuoio che ruzzola da una parte all’altra del campo. Come non ha senso sorbirsi ore di ermeneutica calcistica solo per far finta di essere partecipi di uno sport del quale ignoriamo anche le nozioni basilari (chi di voi sa chi è il quarto uomo o quando c’è un fuorigioco?).
La protagonista farà i conti con la realtà e capirà che un uomo ed una donna devono necessariamente avere i propri spazi entro i quali lasciarsi andare ai propri passatempi preferiti. Ciò non significa subire una mancanza d’affetto ma semplicemente crearsi un proprio luogo nel quale imparare a stare bene da soli.
“Una donna davanti a una partita di calcio è sola con il suo incredibile cervello, il miglior filatore di tessuti connettivi che esista al mondo“
Lasciamo che nostro marito/fidanzato sbatta allegramente le sue manine come un neonato durante la costruzione del suo fantacalcio e, nel frattempo, dedichiamoci a noi stesse ed alle nostre, di passioni. Non tormentiamoci se i suoi idoli sono Sandro Piccinini o Bruno Pizzul.
A ciascuno il proprio dribbling… e la domenica sarà finalmente relax per tutti!
Un po’ di sano egosimo non farà male a nessuno ed anzi, al contrario, farà sì che, una volta ritornati entrambi dai nostri campi di battaglia (che sia uno stadio per lui o un outlet per lei) ci si possa raccontare qualcosa, condividendo finalmente un momento d’amore insieme, senza litigi o musi lunghi. Una donna non deve essere paragonata ad una partita di calcio, perché naturalmente vale molto (ma molto molto!) di più di un dribbling o un assist.
“I tempi di Rita Pavone sono morti e sepolti: farci lasciare da sole la domenica non significa essere vittime di ostracismo, bensì fautrici di una scelta in cui risiede l’attestato della nostra differenza, che finalmente possiamo usare come il privilegio che è, e non come la rivendicazione sindacale che ha dovuto essere in epoche meno fortunate della nostra“
Durante la lettura di alcune parti di questo libro ho riso a crepapelle. L’ironia (ed intelligenza) con la quale la Sciandivasci tratta l’argomento fa sì che si crei subito empatia tra il lettore e la protagonista. Quest’ultima capirà che il fatto di essere lasciata sola la domenica non è affatto un’ingiustizia? Al contrario, non è poi così male avere più tempo per sé. Se anche tu hai la febbre a 90 (che puntualmente ti passa al 90°minuto senza supplementari) ti consiglio vivamente la lettura di questo spassoso romanzo!
© L’angolino di Ale – Riproduzione riservata
Questo sì che m’incuriosisce non tanto per le conclusioni quanto per il sottile gioco psicologico uomo/donna.
Le partite di calcio? Non le vedo da anni luce. Auto e moto sì.
Sembra divertente! Anche se la conclusione dovremmo ormai averla interiorizzata da un pezzo non sembra così facile da raggiungere, se si parla di calcio… E comunque, ben vengano libri invece di mimose! :-)