19 Settembre 2017

Florence Gordon di Brian Morton

Pubblicato in WOR(L)DS LIBRI

Foto e testi di Serena (@Sereniglia) – Contributor L’angolino di Ale

Se per Florence Gordon di Brian Morton siete stati attratti dalla quarta di copertina che annuncia la storia intensa di una donna di carattere, testimone di un glorioso passato da combattente femminista, bisogna dirlo che no, non siamo di fronte a un libro del genere. Neanche se avevate pensato di essere di fronte alla storia intimistica di Florence Gordon immersa nei ricordi, ritiratasi nella scrittura del proprio memoir, né se avevate creduto di stare per leggere la storia struggente dell’ anziana Florence Gordon in crisi.

Florence Gordon di Brian Morton

Di intimo o storico qui non c’è molto. Tra queste pagine c’è un racconto, più simile a una cronaca, di una fase (declinante) della vita di un bel personaggio che si chiama Florence Gordon. Di lei, dunque la protagonista della storia che intitola persino il libro, si conoscono pensieri, sensazioni e atteggiamenti, ma ci si aspetterebbe, in più passaggi, di sapere e sentire qualcosa in più, invece di vederla concedere capitoli dal punto di vista di altri personaggi.

“Sorrise come se avesse detto qualcosa di spiritoso e così sorrise anche Florence, ma naturalmente non aveva detto niente di spiritoso. L’immagine del bombardamento a tappeto per descrivere la chemioterapia era inflazionata. Per un attimo Florence si sentì sopraffatta dalla tristezza per il modo in cui, anche quando affrontiamo una tragedia, il linguaggio di cui ci serviamo, l’unico linguaggio di cui disponiamo, è roba di seconda mano. {…} Mentre si sforzava di anteporre la preoccupazione per lui a quella per il suo lavoro, Florence non si condannava; non sperava di essere una specie di santa che si dedicava sempre e solo agli altri. Tuttavia, allo stesso tempo, avrebbe voluto essere un po’ meglio di com’era.”

 Di lei si sa che è stata una rivoluzionaria, nei fatti e nelle parole, e lo è tutt’ora, ma appare oggi negli aspetti peggiori. È una donna egocentrica, saccente, spocchiosa, onesta sì ma non troppo simpatica, una vera misantropa e, in fondo, un pò incoerente quando le novità la spaventano o quando la sua durezza vacilla per un barlume di apertura (l’ultimo saluto al suo editor, la notorietà inattesa, l’inevitabile sorpasso dei tempi e del mondo che cambia, il complesso rapporto con la nipote), e tutto questo, almeno, non è nascosto nemmeno a se stessa.

“Estrasse il suo iPhone o qualsiasi diavolo di cosa fosse e lesse qualche messaggio, poi scrisse qualche messaggio. Era notevole il modo in cui le persone interrompevano le conversazioni per fare quel genere di cosa senza nemmeno una parola di scuse. Era diventato naturale come bere un sorso d’acqua.” “Si sentiva come se si fosse preparata per quel momento per tutta la vita: preparata per l’apprezzamento. Non era qualcosa di cui era stata affamata; non aveva mai sentito davvero il bisogno del plauso di nessuno. Ma ora che lo stava ottenendo, per lei era una gioia.” “…E, francamente, dobbiamo ammettere che, per la maggior parte di noi che siamo qui oggi, il mondo di Florence Gordon è il mondo delle nostre nonne. Amiamo le nostre nonne e le ringraziamo, ma non vogliamo essere loro.”

Florence non è l’intellettuale che ci si aspetta, la donna sensibile, esemplare: è molto più terrena di quanto idealizzato da chi la circonda, è poco umile, un filo sgradevole, insomma la classica luminare burbera.

“Emily è abbastanza intelligente? Osservò la ragazza. Forse non l’aveva mai guardata con grande attenzione. Nel corso degli anni, Florence aveva avuto molte assistenti, e la cosa più importante che aveva imparato era quanto incredibilmente inette fossero le persone.”

Qui non si narrano grossi eventi o trasformazioni che la riguardano, piuttosto episodi, scene, piccoli ritratti relazionali che costruiscono la situazione complessiva. Florence, infatti, suo malgrado, è al centro di una tela attorno alla quale sono avvinghiati vicini e conoscenti che ne dipendono.

“Quello tra Janine e Florence non era il classico rapporto nuora-suocera. Era un legame insolitamente forte, anche se esisteva per lo più nella mente di Janine.” “Chiedeva sempre a Janine se avesse letto o sentito questo o quello, e la risposta di solito era no. Alla fine di ogni incontro, Janine aveva la sensazione di essere stata vittima di un qualche genere di pestaggio intellettuale. Florence era vagamente offensiva anche quando non intendeva esserlo.”

 Florence è una mater familias così vitale ed energica ed una personalità culturale quasi ai limiti del leggendario che si permette (forse potendolo) di guardare chiunque dall’alto in basso, e il mondo che la circonda sembra invaso di chi, alla sua ombra, smosso dalle sue provocazioni, aspira a qualcosa senza raggiungerlo, aspira a conoscerla, o aspira a essere come lei, con risultati scialbi, mediocri, adolescenziali.

“Florence amava parlare con persone intelligenti più giovani di lei; era felice che molte giovani donne avessero apprezzato i suoi libri; tuttavia non aveva mai cercato seguaci, groupie, accoliti, adoratori, “pupilli”. Perché mio figlio ha dovuto sposare una simile idiota? Sua nipote, invece, non era male. Se non altro, aveva un minimo di spirito.”

O semplicemente sono anche questi bei personaggi, ma appaiono non molto profondi né molto approfonditi. Le loro microstorie si avvicendano e si accumulano in modo irregolare senza che si abbia il tempo di conoscere e affezionarsi ad alcuni, per i quali resta viva una certa curiosità. Spesso vengono relegati nella descrizione sommaria del proprio passato o della loro attività attuale, o in una veloce caratterizzazione, o in gesti che sono solo il semplice pensare o dialogare (vivacemente, per fortuna), evidenziando la natura dei loro rapporti già spiegati o pensati in altri capitoli. Purtroppo parte delle loro azioni non si vive e non si vede nel momento, e ciò fa calare la tensione in più punti della storia.

 Florence Gordon, quindi, diventa solo il “pretesto” attorno al quale raccontare di queste relazioni, familiari e non, contorte, galleggianti, per lo più, se non proprio fasulle. Solo il rapporto tra Florence e la nipote, nella seconda metà del libro, è scandagliato maggiormente, avvince e si presenterebbe come il cuore vero della storia, peccato aver dato troppo spazio ai suoi genitori (alias figlio e nuora di Florence), confusi e noiosi.

“Emily aveva le vertigini. Florence le stava prestando attenzione. Florence apprezzava il fatto che lei la stesse punzecchiando. Florence aveva ammesso di essersi sbagliata. «Ecco cosa mi piace di te» disse Emily. «Sei vecchia ma continui a imparare. È questo che dico ai tuoi detrattori.» {…} Qualcosa cambiò. Florence smise di buttarla fuori di casa quasi subito. E invece di farsi semplicemente lasciare gli appunti che Emily aveva preso su ciò che stava leggendo, le chiedeva di parlarle di ciò che aveva letto. Cominciarono a prendere il caffè insieme… {…} Non era cambiato proprio tutto tra di loro. Talvolta sembrava che non fosse cambiato niente. Di tanto in tanto, Emily si chiedeva se Florence passasse più tempo con lei solo perché le piaceva insultarla.”

 Questo è ciò che vi troverete a leggere in Florence Gordon di Brian Morton. Una storia molto concreta e lucida di persone legate tra loro, in una New York che è una mappa di ricordi e suggestioni, descritta nei piccoli angoli; non è una storia singola e personale, né di americani nello specifico, ma la storia di una famiglia comune, una storia di persone fin troppo universali, narrata con sarcasmo, con la leggerezza di un sorriso amaro, in cui amaramente ci si può identificare.

“Qualcuno suonò al citofono e Florence si domandò di quale nuova seccatura si trattasse. Andò a rispondere e chiese chi fosse. Era sua nipote. Premette il pulsante e la fece entrare. Mentre l’aspettava, rimase sorpresa nel notare quanto la rendesse felice sapere che Emily era lì ma, che fosse dannata, di certo non avrebbe permesso che lei se ne accorgesse.”

 Tra queste pagine ci sono i retropensieri e i sottotesti, le vite parallele, le bugie, le paure che un narratore esterno (forse troppo) didascalicamente ci mostra, che sono clichè comportamentali, talvolta, ma in quanti tali, non meno veri e non meno interessanti, e lasciano in qualche maniera lo spazio per altre riflessioni.

Grazie anche a un finale, per quanto ovvio, così tagliente e irreparabile, si prende coscienza che pur circondati dagli altri, si può (voler) essere estremamente soli.

Foto e testi di Serena (@Sereniglia) – Contributor L’angolino di AleFlorence Gordon di Brian Morton

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